Anche se la copertura nevosa era scarsa, la temperatura gelida della notte, con l’avvicinarsi delle prime ore di sole, si faceva ancora più pungente e insopportabile. Da monte ero riuscito, lasciandomi scivolare lungo un canalino detritico, a sorprendere una brigata di pernici assorte nel loro mimetico riposare, apparentemente incuranti del mio goffo avvicinamento.
Sarà stata la direzione del vento? La temperatura? Il fatto di averle avvicinate dall’alto? Chissà: fatto sta che adesso erano lì, a pochi metri, e dovevo solo pazientemente attendere un po’ più di luce per assicurarmi di portare a casa qualche scatto decente.
Ma la posizione mantenuta da tempo, sdraiato supino, in discesa su di una pietraia congelata, si era fatta insopportabile e l’ennesimo maldestro movimento di una gamba, ormai intorpidita e in preda al formicolio, risvegliò quel naturale senso di allerta che le caratterizza, inducendole a sollevarsi dal loro glaciale giaciglio per cercare tranquillità un po’ più in là.
Mentre le seguo nell’obiettivo, il silenzio di quell’istante s’infrange nel riverbero del loro rauco canto accompagnato dal mio irrefrenabile rimbrotto.