Dopo un mese d’aprile trascorso all’insegna della stabilità meteorologica, favorevole alle innumerevoli salite presso l’arena dei forcelli per godere della limpida luce di albe sempre più in anticipo sulla tabella di marcia, maggio si presentò cupo e piovoso.
Osservando sconsolato banchi di nebbie scure impigliarsi tra gli abeti del Gran Bosco, pensavo alle cerve che presto sarebbero state occupate con i parti e la crescita di nuovi cerbiatti, alla vita che cresceva in tanti nidi e cavità, ai piccoli camosci che già rincorrevano le loro madri, maledicendo quelle avverse condizioni che mi bloccavano in casa.
Con le prime schiarite, e le fugaci comparse di solitarie femmine di capriolo a colorare di rosso il bel verde acceso dei prati irrigati dalle piogge, la voglia di uscire e finalmente sgranchirsi le gambe, unita alla curiosità di comprendere cosa fosse accaduto in quelle settimane umide e piovose, mi incoraggiarono a perlustrare quei più comodi sentieri attorno al paese.
Passai ai margini del boschetto della Goutà sperando di scorgere l’upupa o magari d’intravedere i caprioli; attraversai la costa di Sha Mian sperando di incontrare la lepre o magari di sentire le coturne, ma niente: tutto appariva quieto e misterioso.
Scendendo verso la strada principale mi volli soffermare su di un poggio panoramico e sedutomi sull’erba, notai che poco a valle, tra gli steli verdi che rivestivano una piccola spianata, spiccavano qua e la accesi riflessi rosa pastello! Avvertendo che forse stava per accadere qualcosa d’importante, istintivamente mi sollevai da terra e mi voltai per verificare se quei colori si presentassero anche a monte constatando con stupore che tutti i prati della Couroumbetta ne erano punteggiati.
Ma dove stavo guardando? Cosa volevo cercare? Dove volevo andare quando ero già in mezzo al tutto e non lo vedevo?
Dietro al sipario delle nebbie, la pioggia aveva innescato la crescita dell’erba, dei fiori e soprattutto delle varie orchidee spontanee che adesso si rivelavano lì, agli occhi di sapeva guardare, a punteggiare i prati bassi dell’indritto.
Ai miei di occhi, le delicate Neotinee tridentate, a mescolarsi con le Neotinee ustulate e, al riparo di qualche prugnolo o più profumato biancospino, le corpulente Orchis purpuree, parevano timidamente emergere dall’oscurità dell’inverno pronte a raccontare che, nonostante tutto, anche quell’anno sarebbe arrivata la calda luce dell’estate.