Ho iniziato a sentirla cantare e a riconoscerla fin dalle prime salite notturne diretto verso le arene di canto dei galli forcello, ma vederla e fotografarla è sempre stato uno dei tanti sogni nel cassetto.
Poi, in una tarda primavera, in una giornata graffiata da una perturbazione di carattere quasi invernale, mi è capitato di sentirla cantare in pieno pomeriggio; l’idea di essere capitato nel posto giusto al momento giusto si è presto palesata ai miei increduli occhi.
Proprio mentre transitavo lungo quella parte pianeggiante, udii distintamente il canto ritmico della civetta: “pu-pu-pu _______pu-pu-pu-________pu-pu-pu". Nel silenzio della notte stellata, quel canto melanconico dettava il passo facendomi anche sentire un po’ meno solo.
A monte delle grange percorsi finalmente l’ultimo ripido costone che mi divideva dal sito che avevo immaginato frequentato dai forcelli; individuai una lingua di neve che sfumava tra pietre e piante di mirtilli e decisi, tra i vecchi bassi rami di un contorto larice, di posizionare il mio capanno.