Nell’aria immobile e soffocante di quel nascondiglio, gocce di sudore scivolavano dal mio volto cadendo sulle mani e sul dorso della reflex; dopo circa mezz’ora, quando già non sopportavo più l’immobilismo nel quale erano costrette le gambe, incastrate tra cavalletto, seggiolino e zaino, notai un’ombra che si proiettava dai rami attorno al capanno sulla tela mimetica.
Sforzandomi di assumere nel massimo silenzio, la posizione più consona per arrivare comodamente con l’occhio al mirino, proprio mentre ricomponevo per l’ennesima volta l’inquadratura, un fischio sibilante agitò i pulcini nel nido e subito dopo un adulto si palesò, giungendo da valle, sul cumulo di rami con un favo tra gli artigli.