La prima volta che mi capitò di avere a portata di reflex degli avvoltoi, mi trovavo su di una cresta, intento a fotografare delle piantine di Chamorchis alpina. Sparse su di un tappeto di salix reticulata e frammiste a stelle alpine le piccole orchidee occhieggiavano qua e là attirando la mia curiosità e voglia di documentare quella splendida stazione.
Proprio mentre ero chino, accucciato con l’obiettivo macro a ridosso delle piantine, sentii alle mie spalle come un crepitio nell’aria. Non gli diedi troppo peso e proseguii nelle riprese. Poi di nuovo quel suono: come di una lama che veloce fende l’aria. Ma questa volta al suono si accompagnava la rapida proiezione di un’enorme ombra proprio a pochi metri da me. Sollevai lo sguardo meravigliato giusto in tempo per scorgere l’enorme sagoma di un grifone che, in ampie volute, risaliva verso il Clo Pacà.
Eccitato dalla faccenda, senza indugi, gettai lo zaino a terra per sostituire immediatamente l’obiettivo. Quando risollevai lo sguardo notai che il grifone era già molto più in alto; istintivamente mi voltai verso valle accorgendomi che altri stavano lentamente risalendo il versante. Pareva una cordata ordinata, intenta a seguire una precisa traccia, un sentiero invisibile che passava proprio sopra alla mia testa! Cercai una posizione defilata tra alcune pietre e attesi il passaggio.
Eccitato dalla faccenda, senza indugi, gettai lo zaino a terra per sostituire immediatamente l’obiettivo. Quando risollevai lo sguardo notai che il grifone era già molto più in alto; istintivamente mi voltai verso valle accorgendomi che altri stavano lentamente risalendo il versante. Pareva una cordata ordinata, intenta a seguire una precisa traccia, un sentiero invisibile che passava proprio sopra alla mia testa! Cercai una posizione defilata tra alcune pietre e attesi il passaggio.
Uno dopo l’altro mi sfilarono innanzi poi, quando ormai pensavo che la colonia fosse terminata, notai che ve ne era ancora uno, più arretrato. Deciso a riprendere anche quell’ultimo soggetto, seguendone il volo di avvicinamento attraverso i binocoli, mi accorsi che colorazione e fattezze di testa e collo differivano dagli altri. Ricordai che in recenti occasioni, altri fotografi, avevano già osservato la presenza di avvoltoi monaci assieme ai grifoni e immaginai potesse proprio trattarsi di un esemplare di questa specie. Non dovetti attendere troppo per avere la certezza di aver assistito al volo delle due specie.
Assolutamente assenti dalle nostre montagne sino a una decina di anni fa, le ali di questi enormi avvoltoi sono tornate a veleggiare sulle nostre vallate grazie all’importante lavoro di reintroduzione prevalentemente condotto in Spagna e Francia.
Qui da noi osserviamo i grifoni solo in periodo estivo e si palesano con la monticazione delle prime greggi di pecore. Possiamo dire che ne seguano gli spostamenti perché rappresentano una sicura fonte di cibo: c’è sempre qualche animale ammalato o ferito che non ce la fa, durante i parti ci sono le placente abbandonate sui pascoli e a volte qualche agnello che nasce morto. Ci sono i temporali che portano il rischio di folgorazione per gli animali al pascolo e i lupi che a volte ne costringono la fuga in canaloni scoscesi dove più ovini possono perdere la vita precipitando tra le rocce.
Tutte queste tragiche situazioni rappresentano “il pane quotidiano” per gli avvoltoi che operano da specialisti nel ripulire gli ambienti dalle carcasse riducendo con esse anche la possibilità di diffusione di eventuali malattie infettive.
Vale la pena ricordare che, come per il gipeto nelle Valli di Lanzo, già osservato a sorprendere con la sua immensa sagoma giovani camosci arroccati con il probabile intento di indurli in un fatale errore, si sono rilevati in vallata alcuni atteggiamenti predatori da parte di grifoni a danno dei capretti di camoscio appena nati.
Personalmente non fatico a credere che i grifoni, veramente imponenti e dotati di becchi estremamente robusti e affilati, se messi di fronte ad animali vivi di piccole dimensioni, inermi e magari ancora incapaci di reggersi sulle zampe e di correre dietro alla madre, dispongano di dotazioni fisiche più che sufficienti per ghermire la preda e cibarsene senza dover attendere il sopraggiungere della morte.